Il decumano massimo: un rinvenimento annunciato

di Daniele Muccili

Nella seconda metà degli anni ’70 del secolo scorso l’amministrazione comunale di Bojano adottò il Piano Regolatore Generale. L’adozione dello strumento urbanistico, oltre che per obblighi normativi, fu necessaria per regolamentare l’attività edilizia che, proprio in quegli anni, stava subendo un grosso sviluppo a causa, anche, delle mutate esigenze abitative derivanti da un repentino incremento demografico dovuto allo stanziamento sul territorio di importanti industrie agroalimentari. Fu quella l’occasione in cui si evidenziò la scarsa conoscenza delle particolarità del territorio, della sua storia, delle sue prerogative ambientali e paesaggistiche, sia da parte degli amministratori locali, il cui compito avrebbe dovuto essere quello di fornire gli indirizzi di ordine politico per la redazione del Piano, sia da parte degli stessi progettisti che, fra l’altro, a corredo degli elaborati, produssero una relazione sugli stadi evolutivi della città in netto contrasto con gli stessi segni reali che il sistema urbano evidenziava con chiarezza. 

   Il progetto urbanistico, in pratica, molto superficialmente era improntato esclusivamente sull’individuazione di aree fabbricabili, non già sulla definizione di quelle da tutelare e valorizzare sia in termini di storia antica sia in termini paesaggistici.

   È il caso, ad esempio, del trattamento riservato al fiume Calderari, ramo sinistro del fiume Biferno. Il corso d’acqua nasce nei pressi della chiesa di S. Maria dei Rivoli, ad ovest della città e prosegue, all’interno dell’abitato, verso est, fino a confluire nel fiume Biferno. 

   Negli anni ’80 del secolo scorso, per favorire la costruzione di edifici nell’area compresa tra il fiume e l’abitato antico, peraltro caratterizzata dalla presenza di campi chiusi ed orti di origine medievale (…O. Muccilli, Bojano: gli Edifici Religiosi fra i secoli XI e XX, Bojano 1998, p. 16), il Piano Regolatore Generale ne aveva previsto la copertura per trasformarlo in strada carrabile e collettore fognario. La cosa fu oggetto, per una decina di anni, di animati dibattiti, il cui esito però vide soccombente la fazione contraria all’esecuzione delle opere. I lavori, quindi, ebbero inizio e si protrassero per qualche mese, fino a quando, all’altezza del ponte S. Agostino, dove già nel 1827 erano affiorati i reperti di cui si è già accennato in precedenza (…Cfr. Cap. V, par. 5.1.), nell’alveo del fiume furono rinvenuti alcuni frammenti pertinenti a rocchi di colonne, grossi blocchi e materiale fittile. L’intervento della locale Soprintendenza fu immediato e, con provvedimento ministeriale del 12.09.1985 n. 9101/8° 3A3, l’intero corso del fiume, compresi 5 metri di sponda a destra e a sinistra, dalle sorgenti alla sua confluenza nel Biferno, fu sottoposto alle disposizioni di tutela ai sensi della L. 1089/39. 

   I lavori furono immediatamente interrotti ed il progetto, così come era stato redatto, fu definitivamente abbandonato. 

   La necessità di risistemare la rete fognaria cittadina, tuttavia, rese necessaria la redazione di un nuovo progetto che, questa volta, tenesse conto delle peculiarità della zona e del corso d’acqua in particolare. Per raccogliere quindi le acque nere furono creati dei collettori laterali posizionati lungo le due sponde sui quali furono realizzati percorsi pedonali attrezzati che permettono oggi di scoprire una visuale nuova dell’abitato. 

   Nell’estate del 1998, durante la realizzazione di questi nuovi lavori, in parte sotto l’alveo del fiume e in parte nel terreno laterale, venne alla luce un basolato stradale di epoca romana.

Difficoltà connaturate all’adiacenza della strada al corso d’acqua, nonché amministrative e organizzative, hanno concorso alla dilatazione dei lavori di scavo, completati solamente nel 2003. Grazie ad un saggio a monte, si è appurata la prosecuzione dell’asse stradale in direzione del fosso Spina, accertando quindi il suo andamento da nord – est a sud – ovest. Esso si presenta ad una profondità di 3 metri dal piano di calpestio ed è stato rimesso in luce per una lunghezza complessiva di 44,80 metri. La larghezza della strada varia da 9,50 a 9,90 metri, e da 14,30 a 14,70 metri se si considerano le crepidini laterali.

Il basolato si presenta costituito da grossi basoli calcarei dalla forma tendenzialmente esagonale, ma spesso irregolare, lisciate in superficie e piramidali nella parte inferiore, in modo tale da consentire una maggiore presa nel terreno sottostante. Lo stato di conservazione è buono e privo di tracce di usura o solchi derivanti dal passaggio di carri, perchè interdetto al traffico (per la presenza di un qualche edificio ad uso pubblico o religioso) oppure a causa dell’azione levigatrice delle acque (… V. Ceglia, BOJANO (CB) – Il lastricato stradale in www.fastionline.org/docs/2005-32.pdf.). 

Nell’angolo sud – ovest della strada, in seguito ad un saggio eseguito per valutare il suo proseguimento, sono stati portati alla luce un’ampia porzione di marciapiede e l’ingresso di un edificio prospiciente il tracciato, del quale sono ben visibili un muro allineato con la crepidine e distante 240 centimetri da essa e due blocchi di dimensioni maggiori, verosimilmente gli stipiti delimitanti la soglia, larga 250 centimetri.

Questo ritrovamento riveste una notevole importanza, in quanto apre nuove prospettive per una diversa lettura del tessuto urbano della città in epoca romana. La larghezza della strada, infatti, fa ritenere che ci si trovi al cospetto del vero decumano massimo, il che, in linea teorica, amplierebbe l’estensione urbana di Bovianum, tenendo anche conto di alcune segnalazioni che localizzano strutture archeologiche ben oltre i limiti teorizzati dal De Benedittis.